Ordigni nucleari in Italia

Ordigni nucleari in Italia

Una ricerca della Fas (Federation of american scientists), dimostrerebbe in maniera inequivocabile come in Italia sia custodito il maggior numero di armi nucleari statunitensi di quelle schierate in Europa: ben 70 ordigni su un totale di 180.
Di questi, 20 si troverebbero nella base di Ghedi, in provincia di Brescia.
Si tratterebbe di testate a disposizione dell’Aeronautica e sganciabili in qualsiasi momento.
I restanti 50 ordigni sarebbero custoditi nel bunker Usa di Aviano.
Un primato che viene fuori a ben 25 anni dalla fine della Guerra Fredda tra Est e Ovest.
Una ricerca quella Fas che ha fatto molto clamore, ripresa anche da riviste italiane come l’Espresso.

Il segreto che tutti conoscono
Eppure, l’arsenale non esiste, almeno in maniera ufficiale.
A togliere il velo al riserbo sulla custodia dell’arsenale nucleare ci ha pensato Hans Kristensen (direttore del Nuclear Information Project dell’organizzazione Fas).
L’uomo ha recentemente pubblicato sul suo sito internet uno studio e nel rapporto cita due importanti tecniche che dimostrerebbero la presenza dell’arsenale a Ghedi: “Un importante segno rivelatore è la presenza del 704esimo Squadrone Munitions Support (Munss), unità della US Air Force costituita da circa 134 militari, avente il compito di proteggere e mantenere operative le bombe nucleari B61 presenti nella base. Se il Munss si trova nella base italiana si giustifica solo con la presenza di armi nucleari. Esistono solo quattro unità di Munss nell’aviazione militare statunitense, che sono dislocate nelle quattro basi in Europa dove sono conservate le armi nucleari, pronte per essere lanciate da aerei della nazione ospitante“.

Potenza devastante
Gli ordigni, sarebbero di due tipi: B61-4, con potenze da 0,3 a 50 kiloton, e B61-3 con potenze da 0,3 a 170 kiloton.
Quindi stiamo parlando di una potenza 11 volte superiore a quella della famosa bomba atomica usata a Hiroshima nel 1945.

Problemi aperti
L’eredità della Guerra Fredda, dunque, pone ancora una serie di problemi teorici:
– Le spese per il mantenimento dell’arsenale nucleare,
– La legittimità in base ai trattati internazionali,
– Gli eventuali pericoli per la popolazione.
Kristensen ricorda come uno studio del 1997, commissionato dalla stessa US Air Force, si evidenziava il rischio di esplosione nucleare nell’eventualità che un fulmine colpisse il deposito di un ordigno nella fase di smantellamento, ovvero quando viene smontata la testa nucleare dal resto della bomba.
E’ un eventualità molto remota, ma che però il Pentagono prende in seria considerazione.
Proprio per questo, la Nato ha pianificato la sostituzione graduale dei camion speciali con veicoli più avanzati, denominati Stmt, capaci di offrire una maggiore protezione dai fulmini.
Ne sono pronti dieci per le basi di Italia, Belgio, Olanda, Germania e Turchia, ovvero i cinque paesi dell’Europa in cui gli Stati Uniti hanno schierato le armi nucleari.

Riferimento: link, link

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