N.D.E. Near Death Experience

Il Dr. Raymond A. Moody jr. ha raggiunto una notevole fama internazionale grazie ai suoi studi sulla premorte (N.D.E. Near Death Experience), sebbene non sia il solo e neppure il primo ad essersene occupato. Nei suoi libri Moody precisa gli elementi comuni che accompagnano quelle esperienze in cui una persona, pur essendo dichiarata morta, torna nuovamente alla vita, spesso grazie alle pratiche rianimatorie.
Le testimonianze di premorte sono straordinariamente simili tra loro indipendentemente dalla nazionalità, dal grado di cultura, dalla fede religiosa o da altre caratteristiche distintive della persona “risorta”, inoltre esperienze analoghe si riscontrano anche in persone uscite dal coma o che abbiano subito grossi incidenti o traumi non mortali.
Vediamo questi elementi caratteristici che, in ogni caso, non sono sempre tutti compresenti:

Ineffabilità: gli avvenimenti vissuti sembrano inenarrabili attraverso i comuni costrutti logici e verbali (“Non esistono parole per descrivere quello che ho vissuto”).
Ascolto della notizia: molte persone dichiarano di aver sentito i medici dichiararle la morte.
Senso di pace: le sensazioni all’inizio dell’esperienza sono generalmente molto piacevoli e serene.
Il suono: al momento o in prossimità della morte non è infrequente la percezione di inconsuete sensazioni uditive (spesso un fischio, ma anche un vento, una musica, ecc…).
La galleria buia: percezione di percorrere rapidamente e forzatamente uno spazio buio (per lo più descritto come una galleria).
Percezione del corpo: stupore nell’osservare il proprio corpo come se appartenesse a una terza persona e percezione da parte di quasi tutti gli intervistati di un nuovo “corpo spirituale”, imponderabile e intangibile. E’ uno degli aspetti dell’esperienza che risulta difficile da descrivere a parole.
Incontro con altri esseri: percezione di altri esseri spirituali, di amici o parenti precedentemente morti, di “spiriti custodi”.
L’essere di Luce: incontro con una luce splendente e chiarissima, ma non accecante, che emana un grandissimo amore e che pone una o più questione seppure in modo non verbale (tipo “Sei pronto a morire?”, “Cosa hai fatto nella vita?”, ecc…).
L’esame della propria vita: visione del riepilogo quasi istantaneo della propria vita in cui spesso viene sottolineata l’importanza della necessità di imparare ad amare e di acquisire conoscenza.
Il confine: in alcuni casi vi è una netta percezione di un limite passato il quale non sarebbe più possibile rientrare.
Il ritorno: volontà di rimanere nella nuova dimensione ma necessità od obbigatorietà del ritorno.
Difficoltà nel racconto dell’esperienza: la maggior parte delle persone non aveva potuto raccontare a nessuno una tale avventura, e chi l’aveva fatto spesso era rimasto incompreso e si era riproposto di non parlarne più.
Conseguenze dell’esperienza: per tutti la vita è cambiata, molti hanno approfondito i loro interessi o sono diventati più inclini alle riflessioni filosofiche riguardante la morte o il fine dell’uomo, altri hanno imparato ad amare di più e a vivere con maggior serenità.
Concezione della morte: per tutti la morte ha acquisito un senso diverso e non spaventa più come prima; il suicidio viene sempre profondamente condannato e non è affatto visto come un mezzo per tornare a “vedere la Luce”.
Testimonianze: il racconto degli avvenimenti osservati fuori dal corpo coincide spesso con quelli dei medici o dei parenti vicini.

Recentemente medici olandesi dell’Hospital Rijnstate hanno studiato 344 casi di persone andate in arresto cardiaco e poi resuscitate; le dichiarazioni di queste persone sono state raccolte non più di una settimana dopo che erano uscite dallo stato di cosiddetta “morte clinica”.
Il 18% di questi pazienti ricordava in parte cosa succedeva intorno a loro mentre erano clinicamente morti.
Fra l’8 e il 12 % riferiva esperienze tipo il tunnel di luce o il colloquio con parenti e amici morti.
Fra 70 e 74 % non ricordava cosa era successo o riferiva esperienze piuttosto confuse.

A fronte di tutte queste testimonianze non potremo più dire che “nessuno è mai tornato per raccontarlo” e probabilmente dovremmo rivedere la nostra concezione della morte considerandola un naturale evento della vita da affrontare con estrema serenità.

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